martedì 16 luglio 2013

Sedie fuori dal portone

Le vecchie hanno portato le sedie fuori dal portone, come un tempo, solo che ora sono sedie verdi, in plastica, da discount. La tradizione resta. Appena finisce l'ora blu, con le zanzare, escono le vecchie fuori dai portoni. Si guardano attorno, chiaccherano, riportano in vita vecchi filò in nuovi contesti. Filò urbani. Non so di cosa parlano. Passo in macchina, veloce, ed ho appena il tempo di scorgere col bordo dell'occhio queste figure. Mi piacciono. Hanno il sapore del tempo non del tutto passato. Sanno della semplicità del nulla. Guardano. Sembrano le sfingi in attesa di un tempo che non è più. Portali su mondi ancora ignoti: la vecchiaia. Il lusso del non aver ansia di vivere perchè quello è già stato.
La quiete o l'amarezza di un tempo alle loro spalle, immutabile.

Mi guardo allo specchio e mi accorgo che è da tanto che non lo faccio più. I miei lineamenti sono diversi, non me ne ero accorta. Guardo un viso che mi sembra estraneo e mi chiedo come ha fatto a cambiare così senza che io lo vedessi. Guardo i miei occhi alla luce di una scoperta nuova. I miei occhi sono i più chiari di tutta la famiglia...e io ho sempre pensato fossero quelli di mia sorella. E anche loro, di fronte a questa verità, mi sembrano diversi, nuovi, estranei. Dai bordi del viso scendo alla lunghezza dei capelli, alle spalle, alla postura che, non so per quale legge fisica, ma non è più così chiusa come la ricordavo. E nel complesso vedo una fierezza in quell'immagine riflessa che non sento così mia, non in questo momento. Mi sembra di guardare un'altra e confondo interno ed esterno. Non so più chi è più avanti, se lei...o io. Eppure lei mi appare quella che io vorrei sembrare ma lo sono davvero?
Quello sguardo lucido di lacrime mi è difficile da sostenere. Su di lei le lacrime non stanno più così bene, come su di me, e mi sembra quasi mi rimproveri per averla costretta in uno stato non suo.
Abbasso lo sguardo sul riflesso delle vene ben visibili sotto la pelle leggera dell'interno del gomito. E da quel blu passo al bianco del lavandino. Una fuga facile. Mi giro.

Mi sento tentata a voltarmi di nuovo per vedere se lei è ancora lì. Temo potrei passare una vita a studiarla senza riconoscerla.

Oramai anche le vecchie si sono ritirate con le loro sedie verdi.
Non è tempo di doppioni ma di sonni con sogni sperduti. 

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