lunedì 14 ottobre 2013

Assemblea industriale vista da una libera pensatrice

Non sono una giornalista e quello che sto per scrivere sono le mie considerazioni sull'evento a cui ho avuto l'occasione di partecipare grazie alla mia professione.

Oltre 2013 è l'assemblea di confindustria Verona che si è tenuta questo pomeriggio presso l'ex deposito treni. La struttura, risistemata per l'occasione, si è mostrata in tutta la sua bellezza e tristezza di luogo in disuso come il contorno ideale per l'evento. Era soprattutto funzionale per i temi che sono stati trattati e per l'idea di fondo che voleva passare di un recupero volto al nuovo, ad andare appunto oltre le vecchie strutture.

L'assemblea è iniziata con un discorso dell'Ing.Giulio Pedrollo (presidente di Confindustria Verona). Come da lui premesso era la prima assemblea che conduceva da presidente e l'emozione si sentiva dalla voce e dalla lotta aperta con i microfoni che sembravano non essere nella posione ottimale. Questo non ha impedito al discorso di arrivare al pubblico (più di 1500 persone). Le problematiche elencate sono state poi riproposte e sviscerate dagli ospiti. Risulta chiara una insofferenza degli industriali rispetto alla burocrazia, al cuneo fiscale e ad un sistema carente nel dare segnali di supporto.

Luca Paolazzi (direttore centro studi confindustria) ha poi esposto una presentazione che personalmente ho trovato molto utile. Ho visto nel suo modo di presentare lo stile di resoconti trimestrali che si fanno in azienda. I grafici presentati, seppur tecnici, sono stati un ottimo strumento per dare un'idea della situazione alle persone presenti che, si suppone fossero in maggioranza addetti del settore quindi in grado di comprendere i dati. I prospetti degli ultimi dieci anni sono chiari, il 2009 è stato un buco che ha lasciato il segno, la ripresa di vede ma siamo alla metà degli indici antecedenti il crollo. A detta degli analisti è inutile aspettarsi di ritornare a breve a quel punto di guadagno soprattutto perchè sarà necessario cambiare l'economia mondiale, visto che quei picchi sono stati poi causa della caduta del 2009.
Vedere graficamente la fossa delle marianne corrispondente a quell'anno mi ha dato per la prima volta la percezione di cosa era accaduto visto a posteriore. E anche la speranza perchè in fondo è passato. Un'altra nota che mi è rimasta un po' a metà gola: nell'elenco dei fattori positivi insieme alle elezioni in Germania vi era acennata come positiva la guerra in Siria (scampato l'intervento che avrebbe visto il nostro territorio in prima linea). Ecco per carità non siamo entrati direttamente in guerra ma forse avrei posto la questione in termini (prettamente verbali) un po' più rispettosi della situazione drammatica di quel paese. Passata così velocemente e con una v verde accanto mi ha dato l'impressione di un paese che se ne lava le mani e che in fondo "meglio così" non sono problemi nostri.

La parte viva dell'assemblea, in mano agli ospiti, è inziata dopo questo secondo intervento tecnico ed è stata abilmente condotta da Alessio Vinci.

Il primo a prendere posto sul palco: Santo Versace (classe 1945). Versace ha un modo di porsi calmo e sicuro della sua posizione, nessuna incertezza. Un uomo che sembra non avere paure di esporre le sue idee e di fare "nomi" scottanti. Riporta verità su buchi del bilancio che causano mancanza di soldi e di conseguenza di investimenti per aiutare le aziende. Propone possibili soluzioni a livello politico, parla della corte costituzionale, del numero di parlamentari sovradimensionato rispetto al nosto stato. Non cede alle provocazioni dell'intervistatore che gli ricorda dei suoi 5 anni in politica e dei suoi cambiamenti di partito. L'intervista è interrotta dall'arrivo di Renzi che attira inevitabilmente i fotoreporter e i flash si sprecano. Versace tuttavia non molla e, anzi, l'arrivo di Renzi gli ridà energia per parlare di come la politica debba eseguire manovre che diano supporto alle aziende. In italia comunque un giovane può ancora fare impresa perchè siamo le eccellenze imprenditoriali. Vista la mancanza di supporto e come invece le aziende riescano ad andare avanti e a prevedere comunque ancora tassi di crescita, seppur lievi, dobbiamo capire che abbiamo i migliori imprenditori del mondo.
Belle parole, bei concetti ma, sarò scettica di mio, vedo sul palco un classe '45 e penso a mio padre, classe '50, andato in pensione per "lasciare spazio ai giovani" e mi viene la curiosità di fare qualche ricerca sull'età media dei responsabili in azienda Versace, consulenti esterni inclusi...magari mi sorprendo positivamente. Ad ogni modo mi fa piacere trovare persone che "non le mandano a dire".

Dall'essere i migliori prende spunto Nerio Alessandri che sale con energia (e come può non averne il fondatore di Technogym) e incita gli industriali a non soffrire di senso di inferiorità perchè "noi italiani siamo davvero i migliori del mondo". Alessandri, nel suo continuo muoversi sul palco, annuncia che preferisce non parlare di politica ma nel discorso qualche accenno verrà fuori. Crede fermamente nella necessità della cultura e della creatività nel fatto che bisogna restare informati e crescere. Nella necessità di immagini di riferimento. I giovani mancano di quelle immagini: l'imprenditore può essere un esempio in azienda, e può andare a comunicare al suo team e ai suoi collaboratori che bisogna provare, rischiare, superare ostacoli ma il mondo esterno che passa dalla televisione trasmette immagini di riferimento completamente diverse e allora i collaboratori come possono credere nel valore del lavoro se sono pieni di esempi di persone che arrivano facilmente, velocemente, e senza regole? Lo stimolo è comunque di non farsi prendere dal pessimismo e di creare una economia nuova per cambiare il mondo. Di rischiare in nuovi prodotti perchè "se un prodotto funziona sul mercato vuol dire che è vecchio" ed è ora di innovare. Innovare anche nei mercati, puntare su Messico, Colombia, Nigeria, Angola, ora bisogna smettere di guardare solo all'oriente.
 Parole interessanti ma purtroppo uno che non sta fermo un secondo a me trasmette agitazione e ansia e quindi le sue parole ottimistiche di incitazione mi arrivano fuse con il nervosismo di un corpo troppo attivo per i suoi parametri e la sensazione finale che ne ottengo è di un discorso di incitamento sul timbro tipico del "personal trainer" che vuole convincerti che 50 addominali in più ti donano anni di vita.

Tocca poi alla donna del gruppo Ilaria Capua, virologa e ricercatrice. Ilaria prende subito possesso del palco e auto-gestisce l'intervista. Gli interalare di Vinci sono praticamente assenti e, quando presenti, presto by-passati. Sembra di assistere ad una conferenza di TED's più che ad un'intervista, e la presentazione di supporto incrementa la sensazione. La ricercatrice sembra solo marginalmente poco coerente con l'ambiente industriale ma dimosta pienamente di voler trasmettere valori comuni alla ricerca e all'industria. La possibilità di emergere sul proprio territorio, nonostante le difficoltà e il coraggio di dire no e fare scelte difficili. Ricercatrice di Padova la Capua ha vinto riconoscimenti internazionali e ha aiutato a dettare cambiamenti nelle politche di divulgazione delle scoperte scientifiche. Ma, come dice lei, le intuizioni devono anche arrivare nel momento giusto. Lei ha espresso un'idea in un momento che era pronto a recepirla, altrimenti probabilmente sarebbe andata diversamente.
Mi colpisce il discorso rivolto alle donne. Con modi da vera divulgatrice arringa il pubblico facendolo partecipe del definire le donne come più veloci e con voti più alti degli uomini. Mostra poi una foto di una rosa che si sta appassendo come emblema di cosa succede alle donne una volta uscite dall'università, il loro talento non viene sfruttato. Parla poi alle donne stesse chiedendo di essere ascoltata e intimando loro che nessuno regala niente e che se vogliono essere valorizzate devono tirare fuori le unghie e accettare di prendere sberle che le possono anche tramortire (come lei stessa spesso ha preso "tanto che ho il collo talmente snodato che mi è più facile fare retromarcia in macchina") e di credere in se stesse perchè se non ci credono loro per prime non ci crede nessuno. L'intervistatore pone quindi qualche domanda sulla sua carriera politica e lei accenna che sta lavorando soprattutto per la ricerca e che chiede di poter fare una semplice cosa: rendere il merito internazionale e libero, di modo di permettere anche a ricercatori stranieri di arrivare in italia e favorire uno scambio delle informazioni.
Mi è piaciuta l'energia della Capua ma sinceramente sono sempre stata contraria a queste manifestazioni di woman proud. La tutela della donna non si ottiene, per me, andando a dire che è migliore dell'uomo, cosa della quale non sono nemmeno convinta. Io credo che questo comportamento faccia assolutamente peggio. Promuovo una ugualianza di trattamento, non i comparativi, a prescindere da quale piatto della bilancia finisca per collocarsi a livello maggiore. A mio avviso la situazione si sblocca nel momento in cui prendiamo atto che uomo e donna sono semplicmente diversi e soprattutto uomo e donna si prefiggono di restare diversi (niente donne uomo per intenderci). E' la sinergia dei due comportamenti che può portare a positiva evoluzione a mio avviso. Inoltre continuando a dire che la donna è migliore non si fa che penalizzarla ancora di più. Insomma se dieci persone vengono a dire a voi che tizio è il migliore o meglio rispetto a caio voi quando vi troverete davanti a tizio che fate? Io probabilmente gli farei domande al limite dell'impossibilità "tanto lui è migliore", con il risultato che questo probabilmente si sentirà sotto torchio e magari non riuscirà nemmeno a rispondere (probabilmente a ragione visto che avrò posto domande al limite dell'impossibilità). Per come la vedo io i consigli dati sono giusti "per chiunque" e noi donne dovremmo metterci convinzione e credere in noi stesse ma senza ritenerci migliori, appurando semplicemente che siamo diverse e questo è il punto di forza, persone che ragionano in maniera diversa e grazie a questo possono trovare soluzioni più ampie. Nondameno comunque devo constatare che la presenza femminile nella sala è inferiore. Ma confido che, con il giusto approccio equipollente, si possa cambiare la situazione.
Una riflessione mi viene pure sull'internazionalizzazione del merito. Il libero scambio della ricerca è affascinante ma in un paese tendenzialmente esterofilo come il nostro ho la paura che possa essere deletereo per i nostri ricercatori piuttosto che un fonte di rinvigorimento. Temo che possa portare ad assumere ricercatori esteri sotto la bandiera "dell'internazionalizzazione" che però camuffa quella del "mi costano meno". Mie amici dottorandi mi hanno spesso raccontato di come non potessero accedere ad alcuni bandi di ricerca italiani perchè era inserita la clausola "deve essere italiano ed aver passato due anni almeno all'estero" agevolazioni spacciate come modi per far rientrare i cervelli e che poi sortivano principalmente la causa di manderne fuori di nuovi. Oltretutto l'internazionalizzazione del merito credo sia valida nel momento in cui è davvero internazionale, ovvero porta ad un libero scambio di conoscenze con l'obiettivo comune di sviluppo ed innovazione ma, mi chiedo, gli altri paesi adottano politiche uguali o hanno calusole che danno precedente ai loro laureati e dottorandi?
Manco di informazioni in merito per cui non mi sbilancio ma diciamo che non la vedo così "semplice" e costo zero, qualche approfondimento in merito lo farei.

Il post sta diventando particolarmente lungo e corposo di concetti.
Rimando quindi a domani la seconda parte che prevede gli interventi di Matteo Renzi e Flavio Tosi e la conclusione di Giorgio Squinzi presidente di Confindustria.



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